Partendo dalla curiosa analogia biologica tra il comportamento di una colonia di formiche e quello di individui e imprese, Paul Ormerod mostra come si possano chiarire i problemi più disparati, per esempio perché tra prodotti concorrenti spesso prevalgano quelli tecnologicamente inferiori, o perché gli effetti del governo sull’economia siano in larga parte illusori, oppure spiegare Hollywood e i mercati dei cambi. Molti fenomeni sociali ed economici presentano le stesse proprietà fondamentali che caratterizzano il comportamento delle formiche: individui e imprese non agiscono isolati, ma si adattano e modificano il loro comportamento alla luce di ciò che fanno gli altri. Economia e società non possono essere considerate alla stregua di una macchina, complicata ma in fondo prevedibile; i limiti di questa concezione sono sotto gli occhi di tutti. Pensate al Natale: che siano Tartarughe Ninja o Teletubbies, quasi sempre il livello di domanda porta a un esaurimento delle scorte, e in pochi giorni il giocattolo che cercate diventa introvabile. Scricchiola l’ipotesi sostenuta dall’economia ortodossa: fat A, B e C e la conseguenza sarà invariabilmente X. Ci serve un’impostazione più flessibile e meno dogmatica. L’economia è un sistema complesso molto più simile a un organismo vivente, capace di adattarsi e di apprendere. È alla biologia che dobbiamo chiedere aiuto, non alla meccanica.
È necessario dunque costruire una nuova scienza economica organica che, smontando le analisi convenzionali di tipo meccanicistico, edifichi su analogie di tipo biologico, quella che Ormerod, prendendo a prestito un’immagine cara ai divulgatori della teoria del caos (il battito delle ali di una farfalla può provocare un tornado all’altro capo del globo), chiama appunto «l’economia della farfalla.»
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